Ossia di seppia
L'immagine marina degli ossi di seppia è d'origine dannunziana (Alcyone) e viene interpretata in modo dialettico: gli ossi o galleggiano felici nel mare – simbolo della vita – o ne sono respinti a terra come inutili residui. Questa duplicità di senso è rappresentata dall'antitesi mare – terra che percorre tutta l'opera: il mare rappresenta la natura, la vita, la felicità; la terra è esclusione, privazione, sacrificio, ma anche luogo in cui si realizzano i rapporti sociali e
l'impegno etico dell'uomo; il poeta si ritrae come uno “della razza di quelli” che restano a terra, escluso dalla vita e dalla gioia, spaesato.
Sviluppo dell'opera
La prima situazione, relativa alle speranze giovanili e al senso di beatitudine panica che l'immersione nella natura comporta e va rarefacendosi nel corso dell'opera, in cui la seconda immagine e di conseguenza la situazione che esprime tendono a prevalere. Il libro si presenta così come una sorta di romanzo di formazione dall'incanto al disincanto (l'espressione 'romanzo' è di Montale a definire i primi tre libri).
Costituisce il tema di fondo la dialettica fra questi elementi antitetici, che si risolve, almeno temporaneamente o meglio intermittentemente, nell'accettazione stoica del proprio destino e nella scelta morale dell'impegno etico a fronteggiarlo, valorizzando e valendosi di ciò che di positivo e costruttivo emerge nella vita: appare possibile, infatti, anche in momenti imprevisti,
un'epifania, una rivelazione, una sorta di miracolo laico che mostra la vita dove non la si attende. La realtà appare disarmonica, frammentaria, residuale, desolata. Analoga la condizione soggettiva dell'io, che deve accettare l'una e l'altra “senza viltà”. Il disincanto e l'accettazione severa della realtà come è produce il definitivo allontanamento e superamento del simbolismo,
dopo averlo profondamente attraversato. La poetica si definisce nella scelta antieloquente di uno stile aspro e sempre più secco.
Struttura
4 sezioni:
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Movimenti: opposizioni mare / terra, natura / città, infanzia /maturità; “movimento”allude alla speranza di un possibile accordo – sia musicale sia di conseguenza esistenziale – con la natura;
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Ossi di seppia: domina il motivo dello “scarto”, dell'osso di seppia abbandonato sulla spiaggia; la terra raccoglie un ingorgo casuale di residui, di cose disarticolate, caotiche; dominano l'umanità l'atonia, la depressione, a cui si contrappongono solo la “divina” indifferenza, uno sguardo chiaroveggente (la comprensione e l'accettazione della realtà). Il poeta non può interpretare questo magma, può solo dire ciò che NON siamo, ciò che NON vogliamo. È evidente qui la lezione di Leopardi. I testi sono tutti brevi e molto concentrati.
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Mediterraneo è un poemetto unitario in 9 movimenti, che descrivono il passaggio dal cantare il mare come patria sognata alla coscienza del distacco, ribellione alla soggezione al sogno impossibile, crescita e maturazione; il destino è accettato nella sua durezza, superando la nostalgia e abbracciando l'impegno etico e civile. Poeticamente, l'uccisione simbolica del padre è il superamento delle movenze dannunziane e la crescita di un ritmo e un linguaggio nuovi e anti-melodici.
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Meriggi e ombre contiene i testi più lunghi e impegnativi, da Fine dell'infanzia a Incontro. Emerge sempre più netta la figura femminile, che costituisce un'apertura positiva, un “varco nella rete”. Ritornerà prepotente nella raccolta successiva, le Occasioni. L'impegno civile cede il passo a un ripiegamento esistenziale. Sono gli anni difficilissimi del fascismo affermato.
Parafrasi
Stare in ozio nelle ore calde attorno al mezzogiorno sotto un sole chiaro,raccolto in meditazione vicino un muro d'orto riscaldato dal sole,ed ascoltare tra i cespugli spinosi e gli arbusti secchi,i versi dei merli e il rumore delle biscie che strisciano.
Nelle crepe del suolo o sullo stelo delle erbe spiare le file di rosse formiche che ora si spezzano e ora si incrociano sullam sommità di minuscoli mucchietti di terra.
Osservare,fra le fronde degli alberi o dei cespugli,il tremolio lontano delle onde che luccicano come scaglie di metallo,mentre dalle cime rocciose prive di vegetazione si levano i canti vibranti delle cicale.
E muovendosi nel sole che abbaglia,capire con triste meraviglia il significato della vita e la sua pena,mentre si cammina lungo un muro insormontabile che ha in cima pezzi aguzzi di bottiglia.
Figure retoriche
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Rima: AABB CDCD EEFF GHIGH
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Allitterazioni: della “r” ("presso"; "tra i pruni"; “merli”; “frusci”; “crepi”; “intrecciano”; “frondi”; “scricchi”; “spiar le file di Rosse formiche/ che’ora si Rompono ed ora si intrecciano”); del gruppo “tr”: “mentre”; “tremuli”; “triste”, “travaglio; della “c”:”scricchi di cicale dai calvi picchi”;
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Onomatopee: “schiocchi” (v. 4); “fruscii” (v. 4); “scricchi” (v. 11);
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Iperbato: “com'è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia” (v. 15-16);
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Sinestesia: “palpitare / lontano di scaglie di mare” (v. 9-10);
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Analogia: “si levano tremuli scricchi / di cicale dai calvi picchi” (v. 11-12: picchi paragonati a teste calve);
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Enjambements: “palpitare / lontano di scaglie di mare” (v. 9-10); “scricchi / di cicale” (v. 10-11);
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Climax: “crepe del suolo” (v. 5) – “minuscole biche” (v. 8 ) – “calvi picchi” (v. 12) – muraglia (v. 16).
Già appaiono i modi stilistici aspri e scabri propri di Montale, ravvisabili anche dalla scelta di certi termini, quali:meriggiare…muro…pruni…sterpi…merli…serpi… che contribuiscono a rendere anche foneticamente la sensazione del “male di vivere”. La sintassi è ridotta ai minimi termini e caratterizzata solo dall'utilizzo dell’infinito, che si sussegue in più versi (1, 3, 6, 9, 14, 16) e che ha l’effetto di eliminare ogni riferimento temporale collocando le azioni in una dimensione senza tempo.
Parafrasi
Non chiederci la parola,che metta a fuoco sotto ogni profilo, il nostro animo privo di certezze, e a lettere che lo chiariscano rendendolo luminoso come il fiore dello zafferano: perduto in mezzo ad un prato polveroso.
Ah l'uomo che se ne va sicuro, senza contrasti con se stesso e con gli altri.
E la sua ombra non viene toccata che dal sole nel periodo più caldo dell'estate; proiettata su un muro mancante di intonaco.
Non domandarci il segreto che possa rivelarti nuove prospettive di conoscenza del mondo,bensì una distorta sillaba secca come un ramo.
Solo questo possiamo in questo momento farti presente, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
FIGURE RETORICHE
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Enjambement (quando un gruppo di parole, ad esempio soggetto-verbo oppure soggetto-aggettivo viene diviso, mettendo il secondo termine nel verso successivo): nei versi 3-4 (croco/perduto)
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Similitudine (paragone mediante connettivi avverbiali): verso 10 (secca come un ramo)
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Anafora (ripetizione di una o più parole all'interno di un verso: verso 12 (ciò...ciò)
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Consonanza della consonante "r" accompagnata anche da c (chiederci domandarci croco)
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Epifonema:Consiste nell'esprimere un motto sentenzioso che, solitamente, chiude con enfasi un discorso(Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo)
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Rima: ABBA CDDC EFEF
Il poeta si rivolge a quel lettore che esige dai poeti verità assolute e definitive, invitandolo a non chiedergli alcuna rivelazione, né su stesso né sull'uomo in genere, e nemmeno sul significato della vita. Egli, infatti, non ha alcuna segreto risolutivo, ma solo dubbi e incertezze, o anche una conoscenza fondata sul contrasto: l'ultimo verso, infatti, è divenuto famoso e viene spesso menzionato da chi non vuole farsi notare come possessore di fittizie verità.
Parafrasi
Durante la mia vita ho avuto molte volte l' occasione di conoscere il male : si è manifestato nel ruscello che gorgoglia come un lamento, nella foglia secca, nel cavallo caduto a terra. Non ho conosciuto altro bene al di fuori di quello della realtà negata : e questa indifferenza l'ho conosciuta nella statua di pietra, nella nuvola e nel falco che vola verso l'alto.
Temi
Nella prima strofa il poeta illustra, con tre immagini pregnanti, cosa sia il male; nella seconda passa a individuare, con altre tre immagini fortemente rilevate, quel poco di bene che è concesso agli uomini.
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Il male di vivere: lo spunto è quello del pessimismo cosmico leopardiano (come definito al v. 104 del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: “[...] a me la vita è male”).
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foglia riarsa: l’elenco, la climax ascendente, delle manifestazioni concrete del “male” è ulteriormente sottolineato dal netto enjambement tra i v. 3-4, duplicato nella seconda quartina ai v. 7-8 (“nella sonnolenza | del meriggio”).
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Lo stato sofferente della natura e il momento “negativo” della contemplazione della realtà da parte di Montale è ravvisabile in un ruscello ostacolato nel suo corso, in una foglia colta nel suo accartocciarsi, in un cavallo stramazzato, tutti correlativi oggettivi del “male di vivere”.
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divina indifferenza: per Montale la disamina dei mali del mondo condotta nella prima quartina non può che condurre, come unica e precaria forma di felicità e bene, all’indifferenza rispetto ai propri tormenti interiori. Non a caso le immagini della seconda quartina sono statiche e nettamente contrapposte al dinamismo pur sofferente della natura, catturato in modo così efficace nella prima strofa. La contrapposizione si esprime anche nelle scelte foniche: ai suoni “rivo”, “foglia”, “cavallo”, si contrappongono i suoni aspri della serie “strozzato”, “gorgoglia”, “incartocciarsi”, “stramazzato”.