Le occasioni
Introduzione
Le occasioni è il titolo della seconda raccolta poetica di Montale, pubblicata da Einaudi nel 1939. Essa annovera al suo interno la produzione poetica dell’autore tra il 1928 e il 1939, e la raccolta conoscerà anche, nelle edizioni successive, modifiche ed aggiunte.
Rispetto ad Ossi di seppia, sono evidenti da subito alcuni cambiamenti: i testi si concentrano maggiormente su una figura femminile, di nome Clizia, che, amata e mancante, diventa una figura emblematica della poesia di Montale. Clizia assume contemporaneamente i tratti di una donna reale e quelli della donna salvatrice e angelica, che, richiamando alla memoria la tradizione stilnovista, diventa per il poeta l'ultima ancora di salvezza dal disastro storico e personale cui egli assiste. Questo miraggio di salvezza che Montale intravede (e che lo distoglie, almeno in parte, da una condizione di solitudine), verrà ulteriormente sviluppato nella raccolta successiva, La bufera. Tuttavia, in questa raccolta, anche la realtà esterna e contingente riveste un compito importante: il pessimismo montaliano si sviluppa ulteriormente, accettando come un dato di fatto la disarmonia del mondo e della vita già intuita nella raccolta precedente.
Struttura
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senza titolo, con una poesia d'apertura (Il balcone): comprende diverse figure femminili;
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Mottetti: componimenti brevi, concettosi, spesso conclusi dauna “sentenza” finale;
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è un poemetto unitario in tre 'tempi' intitolato Tempi di Bellosguardo;
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senza titolo: comprende le poesie più complesse.
Lirica
Il poeta, rivedendo la casa dei doganieri, rivive i momenti felici trascorsi in compagnia di una giovane donna. Ma è solo lui a ricordare; lei, travolta dalle vicende della vita, è lontana, irraggiungibile, e forse non ricorda più nulla. Tutto sfuma nella nebbia dei ricordi, anche l’orizzonte dove appare rara luce della petroliera L’onda del mare continua a frangersi contro la scogliera, ma lui ormai è solo con quel ricordo in cuore, incapace di rompere il cerchio della solitudine.
Parafrasi
Tu non ricordi la casa dei doganieri su un rilievo a picco sulla costa di scogli: ti aspetta abbandonata dalla sera nella quale vi entrò la ricchezza dei tuoi pensieri, e vi si fermò con inquieta vivacità.il vento (da sud ovest) colpisce da anni le le vecchie mura e il suono del tuo riso non è più felice: la bussola si muove senza senso da una parte e dall'altra e la somma dei dadi non è più corretta. tu non ricordi; un altro tempo distrae la tua memoria; si raggomitola un filo.ne tengo ancora un'estremità; ma la casa si allontana e la banderuola affumicata in cima al tetto gira senza interruzione. ne tengo un'estremità; ma tu resti sola e non respiri qui nel buio.oh l'orizzonte che si allontana, sul quale raramente si accende la luce di una petroliera! è qui il passaggio?(l'onda che si rompe riappare ancora sul precipizio che scende...). tu non ricordi la casa di questa mia sera. ed io non so chi (di noi due) va e chi resta.
Questa lirica, pubblicata nel 1930 sul periodico «L’Italia Letteraria», apre la quarta e ultima sezione della raccolta Le occasioni. La forma metrica è di quattro strofe, due di cinque e due di sei versi, alternate. I versi sono liberi con prevalenza di endecasillabi.
La ricerca del varco
Uno dei temi fondamentali di questa lirica è quello del varco, inteso come superamento della solitudine esistenziale, come ricerca di una vita autentica, ma che rimane una possibilità irrealizzata.
La casa dei doganieri, un tempo luogo di incontri amorosi con una donna e ormai luogo della memoria, diviene per il poeta il pretesto, l’“occasione” per riandare a un sogno di felicità accarezzata e perduta insieme. Il poeta è consapevole che non ci può essere più corrispondenza di affetti nel ricordo: dei due è solo lui a mantenere vivo il tempo di quell'incontro e a tenere un capo del filo che non riesce però a farli ricongiungere: all'altro capo lei non c’è più, distratta da altri labirinti di vita. Di lontano, balena a tratti una luce (riecheggia «l’anello che non tiene» della lirica I limoni), forse la via di fuga dal rapido scorrere del tempo sempre uguale; ma subito la speranza del varco è vanificata. L’io lirico non può che proclamare la sua solitudine e il suo smarrimento dinanzi agli eventi: perduto il senso delle cose, dell’andare e del restare, del permanere nella memoria e del perdersi nell'oblio, egli non sa più quale significato attribuire al passato, al presente, alla vita stessa.
I correlativi oggettivi: la negatività L’inquietudine e il disorientamento esistenziale sono resi attraverso oggetti-simbolo. Alla casa il poeta attribuisce lo squallore e la desolazione che sono nel suo animo; essa è vuota e sferzata dal libeccio, simbolo del tempo che spazza via ogni cosa; la sua posizione è a strapiombo, così che evoca un senso di precarietà; è la casa dei doganieri, la qual cosa suggerisce l’idea di un confine che non si sa se potrà essere varcato. L’ago della bussola che non sente più l’attrazione magnetica ed è come impazzito indica la difficoltà di trovare la strada giusta, così come il gioco dei dadi, il cui calcolo non torna più, indica l’impossibilità di ogni previsione.
Il recupero memoriale: Proust e Montale Il tema del tempo, la potenza del ricordo e dell’immergersi nella memoria evocano i procedimenti conoscitivi di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, ma Montale appare una specie di «Proust alla rovescia», secondo una definizione del critico Gianfranco Contini. Lo scrittore francese vive il presente come rivisitazione del passato: non si tratta solo di ricordare ma di rivivere il passato, fino ad annullare le distanze temporali, a sentirlo vivo e presente. Per Montale, invece, il passato si perde nel buio della memoria e non è possibile riviverlo: la memoria si rivela incapace di custodirlo di fronte allo scorrere inesorabile del tempo, che tutto cancella.
La trama fonica
La poetica della sofferenza in Montale si esprime anche attraverso l’irregolarità delle rime e delle assonanze: irrequieto-lieto (v. 5-7) stabilisce un legame tra la prima e la seconda strofa; s'addipana-s’allontana (v. 11-12) collega la seconda e la terza; scoglierasera-petroliera (v. 2-3-18) collega la prima e la quarta strofa.